L’economia italiana ha fatto registrare per l’ennesima volta una battuta d’arresto, anche se in realtà il trend è un po’ più positivo rispetto a quanto era stato messo in preventivo inizialmente. È chiaro che, però, continuano a pesare come dei macigni i continui legati ai costi energetici e l’inflazione, che ha toccato nuovamente dei livelli clamorosi.
Non solo, dal momento che tra gli altri fattori che stanno incidendo e non poco troviamo il nuovo aumento dei tassi di interesse, senza dimenticare un livello di liquidità più basso per colpa delle bollette energetiche. In questo modo, la situazione non è particolarmente positiva, per usare un eufemismo, per le imprese in Italia, che corrono gravemente il rischio di indebitarsi a dei costi eccessivamente elevati, che non potranno più essere ripagati in alcun modo.
Ferma restando l’insoddisfazione per l’operato di un Governo parso intenzionato a rivedere le norme relative alle intercettazioni piuttosto che consolidare (magari con qualche misura per lo sviluppo) la manovra finanziaria “lacrime e sangue” impostaci dalla fine di un’epoca in cui gli stati potevano anche permettersi di spendere più di quanto fosse a loro disposizione, restano da analizzare tutte le controproposte provenienti dall’opposizione e dalle cosiddette “parti sociali” (che altro poi non sono che sindacati e Confindustria).

La luce in fondo al tunnel. Soffusa, certo. Ma ora il peggio è alle spalle. Dopo sei trimestri negativi, la produzione industriale della Lombardia torna a crescere: +0,4%. Il tempo considerato è quello dell’ultimo trimestre 2009 e l’indagine è stata elaborata dall’UnionCamere con il patrocinio di Confìndustria Lombardia. I dati inducono ad un cauto ottimismo. Che i vari ospiti intervenuti hanno però smorzato, forse per non alimentare facili entusiasmi. Se Pietro Ferri, docente di economia politica all’Università di Bergamo, ha invitato i presenti a considerare «la ripresa occupazionale solo nel momento in cui torneranno i livelli di produzione pre-crisi e forse ci vorranno anni», il suo collega, Giacomo Vaciago, economista della Cattolica, ha citato un articolo di giugno 2009 dell’Economist. Che terrorizza perché colloca il nostro Paese tra quelli “permanent loss”, cioè quelli che «non investendo su ricerca e innovazione potrebbero non tornare ad avere la quota di mercato su scala globale che avevano prima di settembre 2008».
La F.IN.CO., Federazione aderente all’Associazione di imprese della Confindustria, e nata nel 1994 in rappresentanza delle industrie dei prodotti, degli impianti e dei servizi del settore delle costruzioni, ha inviato nei giorni scorsi, a firma del Suo presidente, Rossella Rodelli Giavarini, una lettera ai Ministri Giulio Tremonti, Claudio Scajola e Stefania Prestigiacomo, e per conoscenza all’Onorevole Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri, ed al Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Nella lettera, in particolare, viene in primis chiesta una proroga riguardo alle detrazioni fiscali al 55% sugli interventi di riqualificazione energetica, ma anche l’introduzione dell’eco-prestito, un
Nella Regione Friuli Venezia Giulia
Emma Marcegaglia non è certo una di quelle persone che lasciano che i problemi passino sopra la loro testa fingendo di non accorgersi che esistano. Del resto, se non fosse così non sarebbe neppure la primatista non solo dell’imprenditoria italiana al femminile, ma dell’intero sistema dall’alto del suo ruolo di Presidente di Confindustria. Una responsabilità che potrebbe essere – appunto – vissuta da posizione defilata, oppure dalla prima linea: vicina alle decisioni del Governo, tanto vicina da spingersi persino a suggerire qualche iniziativa che possa portare l’impresa italiana fuori dal pantano della recessione. “Il peggio è passato, ma servono interventi strutturali perché altrimenti l’uscita dalla crisi sarà lenta e problematica” è stato il monito lanciato attraverso il TG1.
Forse non tutti sanno, in quest’Italia che si inventa nuovi incarichi ogni giorno (vuoi per necessità, vuoi per convenienza), chi è il Presidente di Confindustria. Anzi, a volte vien da pensare che non sia granché diffusa neppure la nozione dell’esistenza di una Confindustria, ovvero (così mettiamo le cose in chiaro sin da subito) l’organizzazione rappresentativa delle imprese italiane. Ebbene, siamo qui per tranquillizzarvi: Confindustria esiste, e gode di discreta salute. Esiste anche un Presidente degli industriali, anzi esiste “una” Presidente (l’Italia dimostra di essere maschilista già dalla lingua: “Presidentessa” è brutto, nessuno lo utilizzerebbe). Stiamo parlando della mantovana
Sembra che gli appelli del Presidente di Confindustria Emma Mercegaglia (“Governo, banche: sbloccate i crediti alle imprese altrimenti la crisi economica si farà ancora più grave e duratura”) non siano caduti nel vuoto, anzi siano stati accolti (e con una certa celerità) da entrambe le parti chiamate – accoratmente – in causa. La Politica ha fatto il suo, mettendo a disposizione 1,6 miliardi di €uro del cosiddetto “fondo di garanzia”, ma Mercegaglia lamentava che ad un impegno forte del Governo non fosse corrisposto altrettanto entusiasmo da parte degli istituti di credito. Ebbene, in questi giorni, puntuali, stanno arrivando le smentite. A cominciare da quella, diffusamente pubblicizzata (una intera pagina su “Il Corriere della Sera”), di UniCredit, divisione Corporate Banking.

