Marcegaglia: “Interventi strutturali o ripresa difficile”

di Gianfilippo Verbani 2


 Emma Marcegaglia non è certo una di quelle persone che lasciano che i problemi passino sopra la loro testa fingendo di non accorgersi che esistano. Del resto, se non fosse così non sarebbe neppure la primatista non solo dell’imprenditoria italiana al femminile, ma dell’intero sistema dall’alto del suo ruolo di Presidente di Confindustria. Una responsabilità che potrebbe essere – appunto – vissuta da posizione defilata, oppure dalla prima linea: vicina alle decisioni del Governo, tanto vicina da spingersi persino a suggerire qualche iniziativa che possa portare l’impresa italiana fuori dal pantano della recessione. “Il peggio è passato, ma servono interventi strutturali perché altrimenti l’uscita dalla crisi sarà lenta e problematica” è stato il monito lanciato attraverso il TG1.

Una ricetta in tre punti: rifinanziare gli ammortizzatori sociali, abbassare tasse e contributi sui salari aziendali, rendere più forti finanziariamente le imprese. Ergo, è necessario un pacchetto di nuovi provvedimenti di stimolo, e sarebbe bene che la questione fosse posta all’attenzione del Parlamento già nel prossimo settembre, onde evitare che sia troppo tardi. “Ci sono ancora molte cose da fare – ha esordito ai microfoni Marcegaglia –, cose indispensabili se vogliamo evitare di avere un autunno davvero difficile”. Già, perché se da un lato le stime ci dicono che la fase più difficile è alle spalle, dall’altro è vero anche che a questo punto servono strategie per innescare prima e guidare (poi) il rilancio.

“Ci vorranno alcuni anni per tornare ai livelli di produzione che avevamo prima della crisi”, ha ammonito il presidente degli industriali italiani, andando poi ad argomentare: “bisogna rifinanziare gli ammortizzatori sociali a sostegno di chi perde il posto di lavoro, bisogna abbassare tasse e contributi sui salari aziendali per dare più soldi in tasca ai lavoratori e più efficienza alle imprese, infine dobbiamo anche rendere più forti finanziariamente le imprese”. Questo perché il nostro Paese, e non da ora, “sta peggio di Francia e Germania: quest’anno perderemo il 5% del Pil, e ci sono tante aziende che chiuderanno l’anno con cali di fatturati del 30, del 40, e perfino del 50%, con conseguenze gravi sull’occupazione”.


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