Il mutuo a tasso di interesse variabile del Banco di Napoli è un finanziamento immobiliare ipotecario che supporta i clienti dell’istituto di credito campano nel compimento di operazioni di acquisto, costruzione o ristrutturazione della casa.
Il tasso di interesse sarà calcolato sulla base dell’Euribor a un mese, o sulla base del tasso ufficiale di riferimento della Banca Centrale Europea, maggiorato di uno spread da concordare tra le parti.
Così calcolato, il tasso subirà delle periodiche variazioni nel corso dei mesi, rendendo eventualmente il mutuatario beneficiario di trend ribassisti del valore dei parametri di riferimento.
La durata dell’operazione non potrà superare i 30 anni, con potenziali estinzioni anticipate del debito residuo, effettuabili per importi anche parziali, e senza pagamento di alcuna penale.
Come si stanno muovendo sul mercato i tassi di interesse di riferimento con cui nel nostro Paese vengono agganciati i mutui a tasso fisso ed a tasso variabile? Ebbene, attualmente il costo del denaro è tale che rispetto alla media storica, e comunque quella degli ultimi dieci anni, ovverosia dall’introduzione dell’euro, l’acquisto di una casa con un mutuo rimane un’operazione conveniente. Questo “grazie” alla crisi finanziaria ed economica che ha fatto crollare i tassi interbancari, a partire dall’Eurirs, quello sui mutui fissi, che sulla scadenza a cinque anni si attesta attualmente attorno al 2,30%; anche l’Euribor, il tasso di indicizzazione dei mutui variabili, sulla scadenza ad un mese rimane basso attorno allo 0,81%. Questi valori di mercato sono frutto sia della decisione della Bce, la Banca centrale europea, di lasciare inchiodati i tassi di riferimento nell’Eurozona all’1% oramai da molti mesi; ma ad influire è anche la congiuntura macroeconomica che, con l’esclusione della Germania, in molti Paesi dell’area euro è ancora stagnante e spesso traballante come la Grecia e l’Irlanda.
Il mutuo a tasso variabile in Italia, per l’acquisto della prima come della seconda casa, è oramai rispetto al passato un finanziamento ipotecario le cui caratteristiche possono variare e di molto da banca a banca. Se prima la rata era indicizzata solo all’euribor, di norma con scadenza a tre mesi, adesso gli Istituti di credito propongono anche il cosiddetto “mutuo Bce” che è sempre un finanziamento ipotecario a tasso variabile, ma indicizzato al costo del denaro periodicamente fissato dalla Banca centrale europea. Ma che differenza c’è tra un mutuo euribor ed un mutuo Bce? Ebbene, di norma il tasso Bce rispetto all’euribor è più stabile, anzi attualmente il tasso Bce è all’1%, inchiodato oramai su tale livello da quasi due anni, mentre l’euribor con scadenza a tre mesi quota attualmente sul mercato interbancario appena sopra il livello dell’1%. Quindi, a prima vista il mutuo Bce sembrerebbe più conveniente del mutuo euribor, ma non è così visto che poi subentra lo spread, ovverosia la commissione fissa che per ottenere il finanziamento ipotecario occorre pagare alla banca.
Sebbene nei Paesi dell’area euro il costo del denaro, quello fissato dalla
Pochi, ma non per questo meno importanti. Perché si parla di soldi, e quando i soldi sono i nostri è sempre molto poco piacevole doversi adeguare a una realtà che – come rispondono Banca d’Italia e ABI – “Non riguarda casi frequenti”, quindi non desta allarme. È certo che il fenomeno non ha le proporzioni bibliche fatte registrare da quello delle frodi, ma resta il fatto che da qualche mese in Italia hanno ripreso a circolare le lamentele di persone che si sono trovate nella spiacevole situazione di aver prelevato all’ATM (il distributore automatico di banconote, quello sportello che comunemente chiamiamo Bancomat o Postamat) alcune banconote “taroccate”. Chi potrebbe mai immaginare di andare in banca e ricevere dalla stessa denaro falso?
La crisi economica non è ancora alle spalle, come dimostrano i nuovi “casi” europei di Grecia e – seppur in misura minore – Spagna Portogallo. Eppure gli indicatori macroeconomici dicono che il peggio è alle spalle, tanto che la Banca Centrale Europea ha avvertito le banche dell’intenzione di intraprendere una exit strategy rispetto alle misure di sostegno messe in opera nel corso dei mesi passati. In realtà la BCE si è avvalsa del “burocratese” per esprimere questo concetto attraverso la dichiarazione del suo opposto: “continueremo a sostenere le banche – si legge nella nota – ma tenendo comunque conto del miglioramento della situazione in atto nei mercati finanziari ed evitando distorsioni connesse al mantenimento di misure non convenzionali per un periodo di tempo eccessivo”.

L’Estate sta finendo (sigh), la Crisi se ne va. Viste così, queste due sembrano essere una notizia cattiva accanto ad un’altra veramente ottima. Il problema, semmai, è che non tutto ciò è vero, quantomeno non lo è del tutto. Diciamo che le principali istituzioni economiche e politiche mondiali si stanno prodigando, dati alla mano, a rassicurare i risparmiatori e gli imprenditori: la fase peggiore della crisi è alle spalle, la recessione ha rallentato e si intravvedono spiragli decisamente positivi per il futuro. Per contro, però, bisognerà stare molto attenti a non incappare nella terribile forbice della doppia recessione (uno spettro il cui manifestarsi è tutt’altro che impossibile), quindi sarà bene monitorare i mercati e l’economia più in generale con la massima attenzione.
Come mai in Italia i prestiti alle famiglie vengono erogati dalle banche con tassi medi superiori di oltre un punto e mezzo percentuale rispetto alla media europea? La domanda è d’obbligo visto che i tassi di interesse nel nostro Paese da tempo non vengono più fissati dalla Banca d’Italia, ma dalla Banca Centrale europea, e dovrebbero essere validi e da applicare per tutti i Paesi del Vecchio Continente. Eppure, in accordo con quanto emerge da un’indagine effettuata dall’Adusbef, nel nostro Paese il costo del denaro applicato dalle banche presenta un differenziale sui prestiti dell’1,64% a carico delle famiglie; mentre infatti in Europa un prestito viene erogato ad un tasso medio del 6,6%, in Italia gli istituti di credito applicano interessi medi all’8,30%; stessa musica sui mutui, per i quali l’Adusbef ha rilevato in Italia una maggiorazione di tasso medio pari ad un quarto di punto percentuale rispetto alle media di Eurolandia. L’Associazione ha monitorato l’attività di undici tra le più importanti banche italiane, riscontrando come al 20 maggio, rispetto allo scorso 3 aprile, ben sette istituti di credito abbiano mantenuto i tassi di interesse allo stesso livello nonostante il recente nuovo minimo storico dell’euribor ed il taglio ai tassi praticato dalla Banca Centrale Europea.
Diviene sempre più difficile
C’è chi offre al risparmiatore la remunerazione di interessi molto elevati sui depositi, ma “Per i primi 6 mesi”: e poi? C’è qualche altro che, a parità di proposta sugli interessi, non parla mai esplicitamente di durata limitata della promozione, bensì si limita a scrivere in piccolo che i tassi applicati sono sensibili alle oscillazioni dell’Euribor: “Buonanotte ai suonatori”, specie in questo periodo di crisi economica e tagli del costo del denaro, decisi dalle menti che gestiscono le sorti della Banca Centrale Europea. C’è infine qualcuno che vi presenta un 2% “Indistruttibile”: color acciaio, il numero non viene scalfito né dall’esplosione di una bomba, né dai colpi di un trapano o dal peso di un elefante.
In questi mesi di frequenti cattive notizie, il mercato economico si è risvegliato questa mattina (dopo la pausa del week-end) con una nuova buona, almeno guardandola dal punto di vista di quello che è l’ “esercito” dei consumatori. I dati pubblicati oggi sul tasso Euribor, infatti, sono calati fino a raggiungere il valore di 2,005%, ovvero il livello minimo dal lontano 2004.
I titoli di Stato sono obbligazioni emesse direttamente dallo Stato allo scopo di finanziare, recependo denaro da restituire in termini stabiliti e con gli interessi, opere pubbliche e attività istituzionali in generale.
La crisi economica sembra non frenare ed i provvedimenti finora adottati in Europa per contrastarla appaiono vani. I canali del credito soffrono a causa dell’eccessivo indebitamento degli intermediari e di alcuni settori dell’economia reale.