Nel nostro Paese tornano a crescere i finanziamenti erogati dal sistema bancario a favore delle imprese ma anche delle famiglie. A rilevarlo è l’ABI, Associazione Bancaria Italiana, nel suo Outlook Mensile del mese di gennaio del 2011, sottolineando come il nostro Paese sia tornato in pole position nell’Area Euro per quel che riguarda il tasso di crescita del credito erogato alle famiglie consumatrici. Nel dettaglio, in base ai dati consolidati dello scorso mese di novembre, i finanziamenti, che si sono attestati a 1.465 miliardi di euro, sono cresciuti del 3,6% su base annua e si sono riportati sul livello dei primi mesi dell’anno 2009; c’è quindi una netta accelerazione rispetto tra l’altro ad un tasso minimo di incremento, pari allo 0,3%, registrato e rilevato dall’Associazione Bancaria Italiana nel mese di gennaio del 2010. Inoltre, dalle prime anticipazioni sul mese di dicembre 2010 l’ABI ha altresì rilevato come la crescita tendenziale sia in ulteriore accelerazione con un +4%.
News
Conto deposito Rendimax: condizioni più vantaggiose
A partire da lunedì scorso, 10 gennaio 2011, su “Rendimax“, il conto di deposito remunerato di Banca Ifis, sono diventate efficaci alcune variazioni contrattuali che, a conti fatti, risultano essere più vantaggiose sia per gli attuali clienti, sia per quelli che in futuro decideranno di sottoscrivere il prodotto. In particolare, le modifiche riguardano la durata massima dei depositi vincolati, l’importo minimo sottoscrivibile a fronte dell’attivazione di ciascun vincolo, ed il numero massimo di depositi vincolati. Nel dettaglio, a partire da lunedì scorso la durata massima dei depositi vincolati, anziché in dodici mesi, passa a ventiquattro mesi; in questo modo, a fronte dell’attivazione di un vincolo di durata più lunga, il risparmiatore può ottenere un rendimento più elevato dalle somme investite. Non a caso da qualche giorno, proprio per Rendimax, Banca Ifis ha attivato il vincolo a 18 mesi che offre un rendimento lordo del 3,33%, corrispondente, al netto, al 2,43% netto per l’intera durata del vincolo, ed a fronte del vantaggio di poter ricevere gli interessi in anticipo.
Italia, debito privato in aumento: in 5 anni +57%
Debito pubblico e debito privato; se in Italia conosciamo bene il primo, un macigno che pesa sulle spalle di ciascuno (indipendentemente da età, sesso, religione e credo politico) per più di 30mila euro, è -forse di più- il secondo quello che ora deve cominciare a preoccuparci. Già, perché a precipitare fin sull’orlo della crisi economie che credevamo robuste come quelle di Spagna e Irlanda (per non parlare di Stati Uniti e Gran Bretagna: lì il problema è stato anche più grosso, ma gli si è messa una pezza in maniera eno eclatante) è stata proprio l’alta percentuale di indebitamento privato, ossia quel debito acceso dalle famiglie di una nazione nel suo complesso per l’acquisto di beni o servizi (è debito privato il mutuo per l’acquisto di un’abitazione di proprietà così come lo è anche il finanziamento per l’acquisto di una televisione o di un telefonino di ultima generazione).
Fondi Pensione, gli italiani non ci pensano: solo 1 su 4 attivato
…e mentre l’INPS ha aperto il 2011 festeggiando il secondo attivo di bilancio negli ultimi due anni (+22 milioni nel 2009, +1 nel 2010); e mentre il Governo ha varato un piano pensionistico in base al quale le finestre sono state sensibilmente rimpicciolite (ossia: per andare in pensione servono requisiti sempre più elevati); mentre avviene tutto questo, gli italiani ancora non hanno capito che nel loro destino c’è necessariamente la stipula di un fondo pensione, ossia di un piano previdenziale che ciascuno deve prendersi la briga di alimentare se non vuole che la sua “minima” di domani (purtroppo la dimensione dell’assegno mensile va diminuendo di anno in anno) non sia infima, insufficiente anche solo per una sopravvivenza che si possa definire dignitosa.
Banche: Abi, aumenta il credito a famiglie e imprese
A fronte di un’economia che fa registrare un lento recupero, in Italia le banche sono sia solide, sia a supporto delle imprese e delle famiglie in virtù delle attese di una crescita progressiva degli impieghi. Questo è quanto, in estrema sintesi, emerge dal Rapporto di Previsione AFO, a valere sui tre anni che vanno dal 2010 al 2012, che è stato diffuso dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI). Nel dettaglio, gli Istituti di credito stanno continuando a sostenere le famiglie e le imprese con un flusso adeguato di credito nonostante sui loro conti economici pesino gli effetti della congiuntura sfavorevole. Al riguardo l’ABI prevede una stabilizzazione delle sofferenze per il sistema bancario, nell’anno 2012 dopo che per l’anno 2010 c’è stata una crescita superiore al 20%, mentre per l’anno in corso l’incremento è stimato al 10%. Gli ultimi dati consolidati disponibili sull’accesso al credito, quelli di ottobre 2010, parlano di una crescita al 3,4% del credito erogato alle imprese ed alle famiglie; trattasi, in accordo con quanto mette in risalto proprio l’ABI, di un dato in forte accelerazione.
Aiutare l’Italia e le famiglie vendendo oro e riserve
L’oro non è più necessario a garantire la circolazione monetaria, e per questo andrebbe venduto. Ad affermarlo nei giorni scorsi sono state, congiuntamente, l’Adusbef e la Federconsumatori nel sottolineare altresì come da un lato l’Italia, rappresentata dalle famiglie e dai lavoratori, soffra, mentre dall’altro la Banca D’Italia “nuoti” in un tesoro di oro e di riserve. Questo secondo le due Associazioni dei Consumatori è inaccettabile visti gli effetti nefasti di una crisi finanziaria ed economica che non è arrivata per caso in quanto trattasi in tutto e per tutto di una vera e propria crisi sistemica che ha fatto impennare anche nel nostro Paese il numero dei disoccupati. In particolare, secondo quanto riporta la Federconsumatori attraverso il proprio sito Internet, al 31 dicembre dello scorso anno la Banca d’Italia aveva un tesoro dato da 26,7 miliardi di euro in valuta, e ben 83,19 miliardi di euro in oro.
Conto deposito vincolato Santander al 2,80%
Si chiama “Conto Santander Time Deposit“, ed è una formula di investimento vincolata a basso rischio che permette di poter ottenere dalla liquidità una remunerazione superiore a quella che, ad esempio, possono offrire i Buoni Ordinari del Tesoro. Il Conto Santander Time Deposit è un prodotto di Santander Consumer Bank che rende il 2,80% annuo lordo a fronte di un vincolo della durata di 24 mesi; tolte le tasse sugli interessi al 27%, quindi, il rendimento annuo netto è buono e pari a poco più del 2%, per l’esattezza il 2,044%. A scadenza il sottoscrittore riceve sia il capitale investito, sia gli interessi maturati a fronte di un rendimento chiaro, certo e noto alla stipula. Per l’attivazione del prodotto non sono previsti costi, così come non ci sono spese legate alla tenuta del conto; l’unico costo da sostenere, previsto per Legge, è quello relativo al pagamento dell’imposta di bollo.
Italiani indebitati, rischio usura
E’ quasi salvifica, la notizia che stiamo per darvi, e vi spieghiamo perché. L’associazione Contribuenti.it ha rivelato che in Italia sta crescendo il rischio di vedere aumentare il numero e l’importo dei prestiti a usura a causa del fatto che per i risparmiatori la disponibilità di denaro si è ridotta, la possibilità di ottenerne di nuovo -in prestito, quindi maggiorato degli interessi in sede di rimborso- attraverso i canali “tradizionali” (banche o finanziarie) si è ristretta, le mani delle mafie non hanno mai smesso di arrivare dovunque. Perché, allora, la notizia è salvifica? Preché, crediamo, ci mette in guardia dal fatto che richiedere un prestito, fare un debito, in una parola vivere al di sopra delle proprie possibilità, è un’azione che richiede forte attenzione da parte di chi vi si imbarca, un’attenzione ancora maggiore rispetto a quella richiesta a chi deve “tirare la cinghia”.
Banche commerciali meno esposte alle crisi finanziarie
Per le banche commerciali le crisi finanziarie sono meno probabili. Ad affermarlo è stata l’ABI, Associazione Bancaria Italiana, in accordo con l’edizione speciale dei “Temi di Economia e Finanza” da cui è infatti emerso come quegli Istituti di credito che hanno una prevalente operatività nel supporto diretto all’economia, sono meno esposti agli “shock” proprio per effetto della maggiore redditività dalla raccolta del risparmio unitamente ad un contestuale, un maggiore ed un più articolato sistema di regole di vigilanza. Dallo studio, andando a considerare la crisi finanziaria registratasi nel 2008, si evince come in quei Paesi dove c’è una maggiore redditività conseguibile dalle attività di intermediazione creditizia, gli Istituti sono rimasti maggiormente concentrati sul modello di banca commerciale piuttosto che in quelle attività più rischiose e non tradizionali qual sono ad esempio quelle legate al trading.
Banche USA, 157 fallimenti nel 2010
Più sei. Non trattandosi –al contrario- di 6+, è verosimile che non sia un giudizio di sufficienza come quelli tanto ambiti dagli studenti “un po’ pigri” (per citare quegli insegnanti che cercano di rendere meno amara la pillola da somministrare ai genitori in sede di colloquio), specie in periodo di chiusura degli scrutini al termine dei quadrimestri. Le piccole banche Usa stanno cadendo una ad una come tessere di un enorme domino, ma senza l’esito spettacolare cui siamo abituati ad assistere se seguiamo le imprese dei virtuosi del genere; cadono tutte, oppure vengono assorbite da una delle 10 “too big to fail” (troppo grandi per permettersi di farle fallire, almeno secondo i piani del Governo), e finiscono in regime di garanzia sotto la sorveglianza del Fdic (Fondo di Garanzia dei depositi) prima di essere dichiarate “out of business”.
Ritardo pagamenti Pubblica Amministrazione: nasce lo sbloccacrediti
Nel nostro Paese sono purtroppo tantissime le piccole e medie imprese con scarsa liquidità in cassa anche a causa dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione; molto spesso questa situazione, che fa cadere le PMI in una vera e propria asfissia finanziaria, è amplificata dall’obbligo, da parte dei Comuni, di rispettare il Patto di Stabilità. Di conseguenza servono misure di aiuto alle piccole e medie imprese affinché questi crediti non riscossi possano essere “sbloccati”. Ebbene, in Lombardia, per venire incontro alle PMI che soffrono del ritardo dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione, c’è lo “sbloccacrediti“, un Fondo rotativo, con una dotazione finanziaria pari a dieci milioni di euro, messo a punto dalla Camera di commercio di Monza e Brianza a favore di migliaia di micro e piccole imprese operanti sul territorio regionale. Questo, in particolare, potrà avvenire grazie ad uno specifico accordo/convenzione con UniCredit, con Unioncamere Lombardia, e con l’ANCI Lombardia.
Vivere a Debito? Sì, con responsabilità
Abbiamo spesso lanciato i nostri strali contro chi, vivendo a credito (ossia costretto a chiedere prestiti perché ha speso più di quanto non fosse effettivamente a sua disposizione), ha gettato il mondo occidentale sull’orlo di una crisi economica dalle conseguenze imprevedibili. Non vogliamo, con il post che state per leggere, contraddirci; semplicemente, rilanciamo alcuni consigli che possono essere utili a chi ritiene di essere “costretto” a dover contrarre dei debiti per potersi permettere di rimanere a galla nello scenario attuale. Per questo, riprendiamo alcuni suggerimenti di Stefano Caselli, docente di economia all’Università Bocconi intervistato da CorrierEconomia.
Banca del Sud: Poste Italiane mena le danze
Poste Italiane prosegue lanciata verso il compimento del proprio piano industriale: tra i cardini, il varo e la guida della Banca del Sud. È per questo che il gruppo diretto da Massimo Sarmi si sta preparando ad acquistare (si dice entro l’anno) il Mediocredito centrale da Unicredit, per farne il cuore dell’operazione. Non a tutti piace questa strategia, perché sembra rappresentare un passo indietro rispetto al cammino sulle privatizzazioni, ma tant’è: ad oggi, la situazione è questa. E non è neppure il motivo principale del contendere: il vero scoglio, infatti, sembra rappresentato dalle resistenze di Poste Italiane rispetto all’ipotesi di diventare un istituto di credito vero e proprio, iscritto all’ABI e quindi sottoposto alla disciplina bancaria a tutti gli effetti.
Sara Assicurazioni cede Banca Sara a Fideuram
Sara Assicurazioni ha siglato con la società Banca Fideuram, appartenente al Gruppo bancario Intesa Sanpaolo, un accordo per la cessione del 100% del capitale sociale di Banca Sara S.p.A.. Trattasi di un’operazione che da un lato permetterà a Banca Sara S.p.A. di crescere sfruttando la piattaforma commerciale ed industriale di Banca Fideuram, e dall’altro a Sara Assicurazioni di concentrarsi sul business assicurativo così come stabilito e deliberato dal proprio consiglio di amministrazione; inoltre, i proventi della cessione serviranno a Sara Assicurazioni per rafforzare la propria struttura finanziaria e quella patrimoniale. Banca Sara attualmente controlla masse per ben 2,7 miliardi di euro, e si avvale di 460 promotori finanziari; nei primi nove mesi del corrente anno la raccolta netta di Banca Sara si è attestata a 340 milioni di euro, ben oltre i 250 milioni di euro di raccolta netta dell’intero 2009. Il perfezionamento dell’operazione è atteso nei prossimi mesi previo il rilascio delle necessarie autorizzazioni da parte degli organi regolatori.