L’articolo sull’anatocismo bancario viene cancellato dal Decreto Competitività

di Gianfilippo Verbani Commenta

Le commissioni Ambiente e Industria del Senato in queste ultime ore a lavoro sul testo del decreto e sugli emendamenti da abbinare allo stesso in vista della sua ratifica definitiva, hanno deciso per l'abolizione della norma all'interno del testo ufficiale.


 Arrivano dal Senato buone notizie in merito alla vicenda dell’anatocismo bancario che ha occupato di recente le pagine dei giornali, soprattutto di quelli di tipo economico  – finanziario. Come abbiamo avuto modo di sottolineare anche in passato, infatti, all’interno del cosiddetto Decreto Competitività, in questi giorni in discussione al Senato, era stato inserito un articolo che riabilitava la pratica dell’anatocismo bancario, ovvero della produzione degli interessi sugli interessi nelle operazioni di pagamento e conto corrente. 

Arrivano gli emendamenti contro l’anatocismo bancario

Le commissioni Ambiente e Industria del Senato, però, in queste ultime ore a lavoro sul testo del decreto e sugli emendamenti da abbinare allo stesso in vista della sua ratifica definitiva, hanno deciso per l’abolizione della norma all’interno del testo ufficiale e questa decisione ha trovato anche l’appoggio del governo. Nelle prossime ore, quindi, si prevede la soppressione ufficiale dell’articolo 31, l’articolo incriminato.

Che cos’è l’anatocismo bancario

Se l’articolo 31 del Decreto competitività fosse stato approvato, invece, avrebbe modificato il Testo Unico Bancario – TUB -affidando al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio – CICR – il compito di determinare le modalità e i criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni in conto corrente o di pagamento.

I consumatori, invece, potranno vedere conteggiare i loro interessi passivi in maniera del tutto normale d’ora in avanti, senza temere le ritorsioni di eventuali capitalizzazioni in caso di scoperto sul proprio conto corrente, con grande soddisfazioni anche delle associazioni di categoria, come l’Adusbef che da anni si oppongono all’introduzione di norme di questo tipo.