Conto corrente: cosa cambia con la Direttiva Psd

di Gianfilippo Verbani Commenta


 Se nelle ultime settimane vi è capitato di effettuare un bonifico online, ma il sistema non vi ha permesso di inserire una data valuta, per il beneficiario, antecedente a quella relativa all’operazione, allora la vostra banca si adeguata alla cosiddetta “PSD“, la Direttiva europea sui servizi di pagamento che manda in tutto e per tutto in pensione i bonifici con data valuta retroattiva. A farlo presente è tra l’altro l’ABI, Associazione Bancaria Italiana, nel sottolineare al riguardo, infatti, come non sia più ammessa la cosiddetta “antergazione della valuta“; questo significa che un bonifico fatto in un determinato giorno può avere per il beneficiario una data valuta al più al primo giorno lavorativo successivo e non più anteriore alla disposizione dell’operazione; rispetto al passato, pur tuttavia, i tempi di accredito dei bonifici saranno decisamente più rapidi e non più pari a tre o fino a quattro giorni lavorativi come è avvenuto in passato. Ma cos’altro cambia con la “Payment Services Directive” in materia di conti correnti e del loro utilizzo?

Ebbene, con la Direttiva ad andare in pensione sono anche i vecchi ABI e CAB; l’IBAN, infatti, diventa l’unico codice per disporre bonifici e per vederseli accreditati. La Psd nasce non solo per uniformare a livello europeo il sistema dei pagamenti, ma anche per offrire ai correntisti più protezione, più sicurezza e più diritti a partire dai tempi di rimborso per addebiti relativi ad operazioni non autorizzate.

Con la Direttiva, come mette in risalto l’Associazione Bancaria Italiana, si hanno ben tredici mesi dalla data di addebito dell’operazione non autorizzata per contestarla alla banca e per chiederne la rettifica con il conseguente rimborso. Per i Rid il tempo per contestare gli addebiti e per farsi rimborsare, a seguito di operazioni errate o non autorizzate, è pari ad otto settimane e la banca, tra l’altro, entro massimi dieci giorni deve o rimborsare il correntista, oppure dare un’esplicita motivazione del rifiuto al rimborso.