La pagina Facebook Io Professione Mitomane ha chiuso, le dichiarazioni degli admin

di Daniele Pace Commenta


Io, Professione Mitomane ha chiuso i battenti. La notizia è rimbalzata sulle principali testate nazionali e soprattutto sulle bacheche di Facebook. Territorio, quest’ultimo, in cui gli amministratori facevano terra bruciata. La mission della pagina era, sostanzialmente, dare risalto alla megalomania di certi personaggi del web, dagli influencer ai giornalisti, che nei loro interventi spesso peccano di presunzione ed egocentrismo.

Lo ha riportato anche Selvaggia Lucarelli in un articolo pubblicato su TPI in cui ha sottolineato che la pagina era diventata, ormai, alla pari dei soggetti che voleva distruggere. La vanagloria dei personaggi presi di mira era diventata anche quella degli admin, che ancora oggi risultano anonimi. Bersagli preferiti di Io Professione Mitomane erano Lorenzo TosaAndrea Scanzi, ma anche Cathy La Torre, “colpevoli” di troppa vanità secondo il pubblico ma anche facilmente individuabili a giudicare dal grande seguito presente sui loro profili.

Come fa notare la Lucarelli gli admin della pagina Facebook L’Intellettuale Dissidente ha contattato gli (ormai ex) amministratori di Io Professione Mitomane per avere delle spiegazioni. Ecco la loro risposta:

Nessuna censura nessuna segnalazione. Abbiamo chiuso la pagina e basta perché era diventato faticoso seguirla. Crediamo che il messaggio che volevamo mandare è comunque arrivato ed era inutile continuare all’infinito, diventando noi stessi protagonisti di un’arena (i social e il loro funzionamento) che ci toglie tempo, tempo di vita e capacità critiche.
Uno dei problemi principali è stata la gestione dei commenti. Finché erano venti o trenta per post era possibile controllarli tutti con una relativa facilità, diventati centinaia le possibilità di lasciare insulti, offese, contenuti di natura sessista, razzista o comunque non in linea con il rispetto che abbiamo sempre chiesto, erano altissime.
Puntualmente nei post senza il nome degli autori della “mitomanata” (che ormai erano la maggioranza) si scatenava la ricerca dell’autore. «Diteci il nome», «chi è?», erano richieste molto gettonate. Il punto non era scovare il colpevole e colpire i singoli, ma renderci conto che i mitomani siamo noi, siamo tutti, nessuno è al riparo proprio a causa degli istinti naturali su cui fanno leva i social, ci cascano il grande scrittore come il giornalista precario di provincia. “Io, professione mitomane” in fondo era uno specchio, doveva essere uno specchio, un’autocritica.
La fila dei contestatori e degli offesi si era fatta lunga. Ironia e autoironia sono merce rara, ma anche quando qualcuno mostrava di averla avuta – è il caso ad esempio di Bazzi – si scatenava comunque una canea. In pratica era impossibile uscirne con onore. E non ci sentivamo più di portare avanti questa responsabilità.

Io Professione Mitomane ha chiuso: una conquista per gli egoriferiti, un traguardo per gli admin, una sconfitta per chi usa i social solamente per travasarvi il suo odio.