Italia: la Carta di Credito non fa beneficenza…

di Gianfilippo Verbani Commenta


 Quanta strada resta da fare sul cammino che porta alla digitalizzazione completa dei pagamenti… Detto nei giorni scorsi di chi sta provando, sprezzante del pericolo e del ritardo tecnologico del nostro Paese, a vivere una settimana spendendo solamente i soldi contenuti in una carta di credito (impresa resa improba per il fatto che non tutti gli esercenti accettano il denaro magnetico, non tanto perché i soldi precaricati – nel caso specifico 500 euro – potrebbero non bastare), ecco che oggi proviamo ad analizzare un altro dei fattori di debolezza delle transazioni elettroniche, almeno nel nostro Paese.

A prescindere dal fatto che basta digitare “bancomat” su Google e scegliere la sezione “notizie” per scoprire che esistono una serie di tentativi di frode messi a segno con maggiore o minore raffinatezza e ingegno a seconda delle situazioni (si va da chi ha inserito una telecamera artigianale nella plafoniera di un ATM a chi, titolare di un negozio, utilizza il proprio POS per la clonazione delle carte di credito), se proviamo a cimentarci nell’impresa – perché di impresa si tratta – di fare una donazione ad un’associazione, rischiamo di dover ricorrere al più tradizionale degli strumenti, ossia il bollettino postale.

Questo avviene perché non sono pochi gli enti che, se da un lato chiedono al Governo maggiore efficienza nel controllo degli sprechi e migliore qualità nella scelta dell’assegnazione delle risorse, dall’altro non si sono adoperati più di tanto nella semplificazione del contatto con il sostenitore. Capita dunque che questo abbia intenzione di fare la propria donazione a mezzo carta di credito e si trovi invece costretto a rinunciare all’ipotesi (oppure ricalibrarla scegliendo un canale più “tradizionale”), oppure – che è anche peggio – si veda proiettato in una pagina internet che non esiste o non funziona, a causa di problemi tecnici. Peccato che questi facciano passare la voglia di donare, perché il rischio può essere anche quello di imbattersi in transazioni non sicure.