Carta di Credito: meno italiani “strisciano” di più

di Gianfilippo Verbani Commenta


 In un post pubblicato alcune settimane or sono avevamo parlato, scherzosamente ma non troppo (il riferimento era comunque ad uno studio scientifico pubblicato all’interno di una prestigiosa rivista), della “dieta della carta di credito”, asserendo che l’utilizzo del denaro magnetico allontanava dal compratore i sensi di colpa e lo induceva a riempire il carrello di prodotti molto meno salubri rispetto a quelli che avrebbe acquistato lo stesso consumatore se avesse deciso di pagare in contanti. Sempre in tema, anche se guardando alla situazione da un’altra ottica, scriviamo oggi del ricorso che gli italiani fanno alla carta di credito. Sono i dati prodotti dall’Osservatorio acquisti di CartaSi per il 2010 a dirci come si presenta il quadro, sostanzialmente invariato rispetto alla fotografia scattata dodici mesi prima.

A contrassegnare le spese degli italiani, anche di quelli carta di credito-muniti, è stata anche nel 2010 la parola “crisi”. Tanto che il numero degli acquirenti che hanno fatto ricorso a questa particolare forma di pagamento è diminuito, benché quelli “rimasti” si siano impegnati a spendere un po’ di più rispetto a quanto fatto dai loro predecessori. Sono stati spesi infatti 63 miliardi di euro, il 2,1% in più rispetto al 2009, anche se i titolari acquirenti sono calati dell’1,8%: poco male, perché i singoli scontrini sono cresciuti di valore (+0,3%) ed anche alla voce numero-pro capite (+3,7%).

Con la carta di credito, quindi pagando il mese successivo a saldo oppure per una serie di rate consecutive, gli italiani si concedono servizi per la persona e la casa, viaggi (anche nonostante il rincaro dei carburanti) e soprattutto gli ultimi ritrovati della tecnologia, anche tornando a fare ricorso (o forse cominciando, dato che la pratica non è stata mai così tanto gradita) ai canali di acquisto on-line. A livello regionale, sono gli abitanti del Trentino-Alto Adige i più “magneticizzati” con scontrini da 122 euro e una percentuale di crescita superiore al 5%, mentre in Sardegna le “strisciate” si sono ridotte del 3,7%.