Assenze ingiustificate, la battaglia continua

di Gianfilippo Verbani Commenta


È l’eterna lotta contro i fannulloni. E il ministro Brunetta sembra non volersi proprio arrendere. Malgrado tutto. Tra settembre e ottobre del 2009, secondo il ministero della pubblica amministrazione, le assenze ingiustificate dei dipendenti dello stato sono aumentate. «Avevo tentato di dare fiducia, riducendo da 11 a 4 le ore della reperibilità giornaliera per i controlli medici. Ho sbagliato – afferma il ministro Brunetta – e mi dovrò correggere». Dall’inizio del mese di gennaio, infatti, le visite fiscali potranno essere fatte, la mattina, dalle ore 9 alle ore 13 e, nel pomeriggio, dalle ore 15 alle ore 18. Da qui il dottore invierà il certificato on-line prima all’Inps, poi all’amministrazione del dipendente malato. Ma cosa è cambiato dal decreto legge 112/2008, quello «anti fannulloni»? Dopo un iniziale miglioramento, tutto sembra essere tornato purtroppo al punto di partenza. Scorrendo le cifre della ragioneria generale dello stato, poi, si sfata un mito: quello per cui i dipendenti comunali, provinciali o regionali siano coloro che amino di più darsi “alla macchia”. Non è proprio così. È il corpo di polizia, invece ad avere il non invidiabile primato. Gli uomini hanno una media di 73,7 giorni di assenza. Più di due mesi. Di assenza ingiustificata, ovvero al di là delle ferie. Seguono i dipendenti della sanità come l’Asl.Quale, allora, l’identikit del meno assente? Deve essere una donna, laureata e con il camice: una ricercatrice.  E i politici? I dati e la relazione consultabili e scaricabili dal sito della ragioneria di stato , sottolineano anche un’altra tendenza: da quando il ddl è entrato in vigore le assenze sono crollate. Ben al di sotto della media rispetto ad altri impieghi pubblici, parlamentari e senatori non svolgono le loro funzioni una media di 44 giorni. Meno di altri, per intenderci. Meno del personale delle università o delle scuole. Stando alle conclusioni della relazione «sono state recuperate quasi 15 milioni di giornate lavorative». Che non sembrano essere abbastanza, però.