Utilizzo carte di credito e bancomat in Italia

di Gianfilippo Verbani Commenta


 Gli italiani non amano utilizzare la carta di credito o il bancomat, sebbene il rapporto tra i nostri connazionali e questi strumenti transazionali di pagamento sia leggermente e progressivamente in miglioramento. Secondo quanto emerge da una recente statistica compiuta dalla Banca d’Italia, e promossa in occasione del No Cash Day, infatti, solamente 8 pagamenti su 100 vengono effettuati attraverso le carte, mentre il restante 92 per cento avviene in contanti.

Una percentuale, quella sopra espressa, che pone l’Italia tra i fanalini di coda in ambito europeo, visto e considerato che nel vecchio Continente la media di utilizzo di questi strumenti è pari al 20 per cento. Il miglioramento rispetto a pochi anni fa risulta essere evidente, ma il gap negativo da colmare è sicuramente di grande rilevanza (tra i tanti nostri approfondimenti sul mondo degli strumenti transazionali, vedi anche il nostro focus sulla carta Next Card da Banco di Napoli 2013).

A dimostrazione di quanto sopra, si dia altresì uno sguardo al numero di operazioni che, mediamente, vengono effettuate da un italiano: 24 pagamenti con la carta, contro le 57 transazioni effettuate mediamente da un altro europeo.

Probabilmente la colpa di questa parziale disaffezione nei confronti delle carte di credito e dei bancomat è da ricercarsi nel costo di tali strumenti, che secondo una contemporanea ricerca si aggirerebbe intorno ai 130 euro. Una spesa dovuta principalmente al canone annuo, alle commissioni per i pagamenti, alle spese aggiuntive, agli interessi e così via.

L’impressione è infine che – oltre a cercare di indurre una maggiore economicità di tali strumenti – si possa giungere a un più congruo utilizzo con l’introduzione di nuove norme anti-evasione, che scoraggino ulteriormente l’uso del contante per favorire l’intero (o quasi) utilizzo della moneta elettronica: un comportamento che, secondo l’Abi, potrebbe permettere all’Italia di recuperare ben 40 miliardi di euro di economia sommersa, equivalente a 3 punti percentuali di prodotto interno lordo.