Prestiti alle imprese: in Italia i tassi più alti sul breve, più bassi sul lungo periodo

di Gianfilippo Verbani 2


 Mentre l’Italia “visibile” – e pruriginosamente guardona – si accalora disquisendo circa il gossip riguardante la relazione (evitiamo accuratamente l’aggettivazione per evitare un giudizio circa una materia ancora ignota a chiunque) tra il premier Silvio Berlusconi e l’ormai celeberrima 18enne partenopea Noemi Letizia, un’altra parte del Governo si sta adoperando in faccende più serie, e cioè affinché le banche possano tornare a finanziare le imprese e – così facendo – far ripartire l’economia dopo (o durante?) la crisi mondiale. Qualche settimana addietro analizzammo le risposte di UniCredit, ma il monito della Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, sposato appieno dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, è che le misure adottate sin qui non siano sufficienti. Sono di questi ultimi giorni alcuni dati numerici a conferma di questa teoria.

“I Tremonti-bond non sono stati studiati per le banche, ma principalmente per le imprese: invitiamo gli istituti di credito ad usufruirne per sbloccare i finanziamenti da destinare lal’imprenditoria”, sono state le parole e di Marcegaglia e del ministro, ma la risposta ancora non c’è stata. Ne fanno le spese le aziende, che quando vanno a chiedere un prestito volto a rilanciare l’attività imprenditoriale si sentono rispondere con proposte di tassi di interesse molto più alti rispetto alla media europea per i finanziamenti entro i 5 anni.

4,84%, per la precisione, secondo un’indagine dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, che ha calcolato invece in 4,42% la media nei Paesi della UE a 15. Non parliamo della Francia, che vede i propri istituti di credito prestare denaro alle aziende ad un tasso addirittura al 3,73%. Ma questa sembra essere più che altro una forma mentis: se infatti andiamo ad analizzare i prestiti a più di 5 anni, ecco scopriamo che l’Italia si attesta sotto la media UE di 0,03 punti percentuali, a quota 4,44%. Insomma: sul breve periodo meglio non pensarci, ma quando il piano industriale diventa più lungo e meglio articolato, le banche non vedono l’ora di investire.


Commenti (2)

I commenti sono disabilitati.