Azione, reazione. Crisi, rimedi. Al centro le banche. E i loro utili giudicati «spropositati e ingiusti». Qualcosa, allora, deve essere fatto. Come negli Usa anche in Italia saranno gli istituti di credito a rimediare ai costi del crack finanziario. Con una tassazione straordinaria forfettaria del 20% sul netto guadagnato. Questa è la proposta di Elio Lannutti di Adusbef e Rosario Trefiletti di Federconsumatori. Nella nota si legge che «l’Europa e soprattutto l’Italia devono fare tesoro della proposte americane per istituire la Financial crisis responsibility fee, ossia la tassa sulle responsabilità della crisi finanziaria». Un’imposta sugli utili, in altre parole. «Si deve istituire – continuano – un commisurata ad almeno il 20% del netto conseguito dalle 10 principali banche nel 2009. E per ottenere ciò che serve, c’è bisogno di un prelievo straordinario di circa 2 miliardi di euro. Tutto questo sarà necessario per costituzione un fondo straordinario per gli ammortizzatori sociali». Per chi ha perso il lavoro o per le pensioni, ad esempio. In realtà, c’è anche spazio per le critiche: «mentre il Paese andava a rotoli e le famiglie con subivano la più odiosa delle speculazioni (il riferimento è al mancato controllo dei prezzi, dopo l’introduzione della moneta unica, ndr), i banchieri hanno festeggiato. Hanno racimolato utili su utili. Hanno continuato a guadagnare, in un sistema protetto da Bankitalia al riparo da corrette regole di concorrenza e trasparenza». Un attacco durissimo. Qualche numero: gli utili delle banche italiane negli ultimi sette anni (dal 2002 al 2009) sono pari a 121,214 miliardi di euro. Una tassa consentirebbe di respirare. «Come come Stati Uniti d’America, anche qui – proseguono Lannutti e Trefiletti – i costi diretti e indiretti sulla crisi devono essere messi a carico delle banche con una tassazione straordinaria forfetaria. E per noi il 20% è la percentuale più equa. D’altra parte, se l’ha fatto Barack Obama, perché non si può fare anche da noi?». Yes, we can, sembrano dire Adusbef e Federconsumatori. Ma sarà davvero così?