Mutui, attenzione al tasso variabile

di Gianfilippo Verbani Commenta


 Due secoli or sono, l’etologo Charles Darwin apriva ad una rivoluzione culturale enunciando la propria, celeberrima, “legge della selezione naturale”: l’individuo più adatto, cioè generalmente quello più forte ed astuto, sopravvive e trasmette ereditariamente i propri caratteri, il meno adatto è invece destinato a soccombere. La crisi economica ha fatto “pulizia” nel campo delle imprese, spazzando via (certo, con conseguenze sociali decisamente sgradevoli) le aziende che versavano in condizioni difficili e salvando solo le più solide. Il problema è che l’onda anomala rischia ora di lasciar danni anche sulle famiglie, specialmente quelle indebitate e più a basso reddito: per queste i mutui hanno una rata che ha raggiunto in media il 32% sul reddito disponibile.

Sono questi i dati resi noti dalla Banca d’Italia durante una relazione alla Camera dei deputati. Dati ancor più allarmanti se si considera che sono riferita ad un’indagine svolta sul periodo 2004-2006, quindi pre-crisi, ma ben adattabili, mutatis mutandis, al momento attuale, dato che sono molti gli indicatori pronti a dimostrarlo. Ad esempio la rincorsa al tasso variabile: molte famiglie stipulano un mutuo facendo affidamento sull’Euribor debole e sui bassi tassi di interesse, ma potrebbero aver fatto male i propri conti: il mutuo ha una durata che va, generalmente, dai 10 ai 30 anni, l’esposizione al rischio-bolla è tanto più alta con il tasso variabile quanto più lunga è la durata del finanziamento. Una situazione che coinvolge il 70% dei “mutuati”.

Bankitalia ha avvertito le banche: «È essenziale che gli intermediari forniscano alla clientela una corretta e sostanziale informazione sui rischi connessi alla stipula di mutui il cui onere finanziario può lievitare significativamente in presenza di aumenti dei tassi di interesse». Ma non basta: anche il credito al consumo, nel Bel Paese, è più caro che altrove: circa il 10% in più rispetto al dato medio dell’area dell’€uro. I tassi più alti si riscontrano nelle carte di credito revolving (oltre il 17%); seguono i prestiti personali (11%) e la cessione del quinto, con un tasso del 9% senza le spese accessorie.