Banche: entro 3 anni tutto in tasca con il telefonino

di Gianfilippo Verbani Commenta


 In tre anni il mobile banking può raggiungere la diffusione che oggi ha guadagnato l’internet banking. La previsione, supportata “dal volume di investimenti che stanno facendo le banche”, è del viceresponsabile area business dell’Abi, Alessandro Zollo, interpellato da Adnkronos. Oggi l’attività tramite telefonino è ancora relegata ad un ambito puramente “di tipo informativo, come nel caso della conoscenza del saldo o dell’estratto conto, oppure del monitoraggio di prelievi e pagamenti con le carte”, spiega l’esperto dell’Abi. Ma, in uno scenario di previsione che si allarga ai prossimi tre anni, “si può scommettere su una evoluzione” sulla falsariga di quanto accaduto con internet, “passato nel tempo dallo status di canale innovativo a vero e proprio canale operativo”.

Se le banche “investono tanto nella relazione con l’utente su più canali”, il cliente, dal canto suo, “non è ancora del tutto affrancato sul piano della fiducia”. E questo aspetto, spiega Zollo, riguarda soprattutto “la nuova grande frontiera, che è quella dei mobile payments, su cui c’è molto da lavorare” perché “resiste l’attitudine ad utilizzare troppo il contante” Con tutti i costi di gestione dello stesso che questo comporta (è di ieri il caso di un camion carico di monete rimasto coinvolto in un incidente stradale, con 10mila euro raccolti in un batter d’occhio da automobilisti increduli di essere incappati in tanta fortuna).

Ad incentivare lo sviluppo di canali alternativi è la corsa della tecnologia. “La differenza tra internet e mobile banking tende a farsi più flebile nella misura in cui i telefoni diventano sempre più simili, per operatività, ai pc“. La sfida, osserva quindi Zollo, “è quella di creare applicazioni più idonee al canale mobile, con i necessari sviluppi sui pagamenti, e le banche lo stanno facendo”. Infine, ma non da ultimo, il capitolo sicurezza. “Il problema della sicurezza dei pagamenti, sia su internet che sul telefono, è legato alla poca familiarità e non ad un effettivo disservizio. E’ un problema di percezione e non di reale livello di sicurezza. C’è ancora un gap di conoscenza”, chiarisce Zollo.