Conti deposito e riforma fiscale, i vantaggi

di Gianfilippo Verbani Commenta


 La tassazione attualmente in vigore su strumenti di investimento a basso rischio come i conti di deposito remunerati, ma anche sulla giacenza libera in conto corrente, è una vera e propria mazzata. Stiamo parlando del 27%, il che significa che sul lordo il netto viene decurtato di oltre un quarto. E così, ad esempio, se il vostro conto di deposito, magari attivando un vincolo, rende il 3% lordo, allora significa che in questo momento annualmente vi portate a casa il 2,19% netto; insomma la tassazione s’è mangiata quasi un punto del vostro rendimento lordo. Tutto oro che cola per lo Stato italiano, ed una penalizzazione per il risparmiatore prudente visto che, ad esempio, attualmente la tassazione sui guadagni di Borsa è pari a meno della metà, al 12,5% per l’esattezza. Ma presto la musica potrebbe cambiare.

In sede di approvazione della manovra triennale, infatti, l’attuale Governo in carica sembra finalmente intenzionato ad una armonizzazione della tassazione sulle rendite finanziarie che, comunque, non dovrebbero andare a toccare i titoli di Stato. Si punta su un’aliquota unica, al 20%, che penalizzerebbe gli investitori in Borsa, ma agevolerebbe il piccolo risparmiatore non amante dei rischi proprio con i conti di deposito remunerati.

In tal caso, infatti, il nostro ipotetico conto di deposito remunerato al 3% annuo non renderebbe più il 2,19% netto, ma il 2,4%; si andrebbe quindi a guadagnare, a mettersi in tasca per intenderci, quasi un quarto di punto percentuale in più. Per il resto, oltre al 27% di tasse, attualmente i conti di deposito sono per fortuna low cost, anzi a costo zero visto che non si pagano imposte di bollo, spese di apertura e di gestione, e spese di chiusura. Questo vale sia per il prodotto con giacenza libera, sia per il conto di deposito vincolato sul quale l’unico costo è dato sempre dal prelievo fiscale massiccio.