Tremonti: “Crisi? Colpa di banche, assicurazioni e immobiliari”

di Gianfilippo Verbani Commenta


 “Non siamo ancora fuori dalla tormenta”. Joaquin Almunia, vicepresidente della Commissione Ue, veste i panni del meteorologo per illustrare la gravità della situazione economica di alcuni Paesi membri, Grecia in testa, benché il riferimento, di questi tempi, si possa prestare anche alla morsa di gelo e maltempo decisamente fuori stagione che sta sferzando l’Italia. “Il caso della Grecia è il più grave, ma purtroppo non è l’unico” di crisi a carico di un’intera economia nazionale, sempre più a rischio bancarotta e perciò tenuta sotto stretta osservazione onde evitare che la stabilità economica dell’intera Unione europea cominci a vacillare, con il rischio neppure tanto remoto che il giocattolo, così lungamente messo insieme, possa andare in frantumi in un istante. Per cercare di porre un rimedio alla situazione, però, bisogna cominciare a capire di chi sia la colpa.

Da una parte, i Pigs: Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, nazioni le cui iniziali danno l’acronimo Pigs, appunto. Ovverosia “maiali”, a significare che le loro dinamiche economiche e le scelte di bilancio non hanno di certo convinto gli osservatori. Dall’altra, invece, i Fire: una squadra molto più pericolosa… Financial, Insurance, Real Estate, ovverosia società di credito, assicurazioni e immobiliari, a dare la parola “fuoco”, ed in effetti l’economia reale di molti paesi del mondo è rimasta scottata dalle manovre spregiudicate di questi tre agenti.

Questa, almeno, è l’opinione del ministro italiano dell’economia, Giulio Tremonti, che intervenendo alla riunione dell’Aspen Institute (della quale è stato anche presidente) ha cercato di focalizzare l’attenzione degli astanti sulle reali responsabilità della crisi economica. Preso atto dei colpevoli, benché persistano divergenze in materia, resta da individuare la soluzione. Qui la questione diventa sensibilmente più delicata: “Qualsiasi intervento strutturale si metterà in atto in Grecia – è l’opinione di Stanley Fischer, governatore della Banca d’Israele -, dovrà essere messo in opera anche in altre situazioni analoghe in futuro”. Ecco il perché dello stallo che ancora regna. Ma c’è da fare presto: il pericolo di tanto tergiversare è che i conflitti sociali vengano esacerbati…