Prestiti per la salute in forte crescita

di Gianfilippo Verbani Commenta


 La crisi dei finanziamenti bancari non sembra aver colpito il segmento dei prestiti per il pagamento delle cure, che nel corso dei primo semestre 2013 sono balzati a una quota superiore alle 60 mila unità, per una media di importo pari a 5.500 euro. Ad affermarlo è una recente ricerca condotta congiuntamente da Facile.it e Prestiti.it, che hanno preso in esame un vastissimo campione di richieste di prestiti destinati al proprio benessere.

Ebbene, secondo quanto emerge dall’analisi condotta tra il 1 gennaio e il 30 giugno 2013, in Italia si chiedono prestiti personali per le spese sanitarie soprattutto per far fronte a interventi di ortodonzia, chirurgia estetica e controlli privati. Nel 10 per cento delle ipotesi chi richiede il finanziamento per la salute è un pensionato.

Su base territoriale, la regione dove l’incidenza di questi prestiti sul totale è maggiore è la Toscana, con l’1,34 per cento. Significativa anche l’incidenza in Abruzzo, dove la percentuale è dell’1,33; dall’altra parte della classifica le incidenze in Puglia e in Sardegna, entrambe con una quota limitata a 0,34 punti percentuali.  E’ invece il Piemonte la regione dove  vengono richieste le cifre più elevate, per una media di 9.400 euro, precedendo la Liguria e il Lazio, rispettivamente con 8.800 e 7.800 euro. Le regioni dove invece vengono richiesti gli importi più bassi sono l’Umbria e la Basilicata, con una media pari a 4.500 e 4.000 euro (tra i tanti nostri approfondimenti in materia, vedi anche il recente focus dedicato ai migliori prestiti personali a luglio 2013, del quale abbiamo parlato pochi giorni fa).

Inoltre, il campione sarebbe rappresentato da una parte prevalente di uomini, sebbene la quota “rosa” sia tutt’altro che inconsistente (42 per cento).

Per quanto concerne la professione svolta da coloro che richiedono un finanziamento adatto a supportare le proprie spese sanitarie, il 53 per cento delle domande arriva da un dipendente privato, contro il 12 per cento dei lavoratori autonomi e il 10 per cento dei pensionati.