Banche, i risparmiatori chiedono più rispetto

di Gianfilippo Verbani 1


 Un campanello d’allarme suona forte per le banche, e ce n’è di che riflettere: i risparmiatori italiani non sono soddisfatti del rapporto che hanno con lo sportello, tanto da richiedere maggiore trasparenza, rispetto nei loro confronti, più etica. Voi chiamatele conseguenze della crisi, prezzo da pagare dopo una stagione che in Italia ha avuto due casi nel loro piccolo (che poi così piccolo non era) emblematici come Cirio e – soprattutto – Parmalat, chiamatelo pure atavica diffidenza nei confronti delle istituzioni, resta il fatto che questo è il quadro con il quale i gruppi bancari sarebbero chiamati a confrontarsi nel breve termine. Questo, almeno, è quanto rivela un sondaggio di Demos&Pi.

L’indagine si intitola “Voglia di etica – Cittadini, banche e finanza in tempi di incertezza” ed è stata commissionata da Banca Etica. La chiave di lettura, ma anche di scrittura delle domande, è stata quindi l’attenzione del cittadino-risparmiatore nei confronti dell’etica nella finanza; l’argomento è risultato essere più importante rispetto a quanto pronosticato, dal momento che le risposte fornite dal campione demoscopico si possono senza imbarazzi definire impreviste: Quasi il 75% degli intervistati, ad esempio, vorrebbe che la propria banca non investisse nel settore delle armi, addirittura l’80% auspica un impegno in progetti sociali o ambientali mentre solo il 51%, dato inspiegabile alla luce di quanto detto poco sopra, ritiene che “l’etica debba avere uno spazio importante nella finanza”.

Tutto questo appartiene al libro dei sogni, dacché la realtà è sostanzialmente diversa. Proprio in virtù dei desiderata di cui sopra, infatti, i risparmiatori italiani ritengono che le banche oneste siano davvero poche: il 65%. Solo il 20% degli intervistati da Demos&Pi, poi, prova fiducia nelle banche. A conti fatti, si scopre un’altra cosa: se a parole tutti si sono detti pronti a sposare la causa di una banca “etica”, nei fatti pesa su questo tipo di istituti il macigno di non poter garantire quei profitti che solamente azioni da “squali” della finanza sanno regalare. A conferma di quel vecchio adagio secondo il quale tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare.


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